Di Alvaro Virgili

Per raccontare le storie che ho messo in piedi in questo libro, dove la parte prima evoca ricordi d’infanzia, mentre la seconda attuale usa un linguaggio efficace, crudo, esplicito, diretto, spietato, talvolta apparentemente inappropriato a volte fuori misura. Soprattutto in questo periodo storico pervaso da una ipocrisia e bugiardaggine di finto perbenismo che ti fanno sentire impotente davanti a tutte le fesserie che ascolti e non ci puoi fare nulla per via dei muri di gomma che sollevano e le balle che circolano che non puoi raddrizzare. Non lo so se questo libro è in controtendenza – non mi sono posto il problema nello scriverlo – magari utilizzando certe espressioni potrebbe turbare certi palati –  ma non l’ho scritto nemmeno per turbare certi palati, che devo dire non me ne frega niente – ma solo per dire quello che penso direttamente senza tanti panegirici. Ho pensato che questo linguaggio indecente, sconcio, volgare induca facilmente il lettore ad immedesimarsi nel sentimento di frustrazione e alienazione provato dal protagonista. C’è troppa forma oggi ma poco contenuto quindi si vivacchia si sopravvive – è un mondo al contrario dove imperversano gli incompetenti che sono degli asini e sono pure supponenti mentre quelli che sanno e potrebbero dire, magari insegnare, tendono a mettersi in ombra a sottovalutarsi forse spaventati da tanta stupidità. Hanno ragione, la stupidità è una delle faccende che crea più danni al mondo impalpabile impossibile da raddrizzare meglio stargli alla larga a meno di estirparla come la gramigna. Gli uomini che vengono descritti nel libro sono uomini che si rendono complici del proprio aguzzino e così eccoli trasformati in schiavi poiché sono sprovvisti di coraggio e dignità. Predisposti al servilismo uomini e donne senza scrupoli opportunisti vigliacchi ed egoisti sono colpevoli di tutti e 7 i vizi capitali. Il protagonista si destreggia in un mondo surreale tra finzione e realtà vive una grande recita dove ognuno interpreta la propria parte con grande impegno ma meccanicamente. Tutto è torbido, squallido e sporco è un mondo che educa alla dipendenza da qualsiasi cosa rendendo l’uomo privo di autonomia, ovvero schiavo delle banche, della burocrazia, delle multinazionali, dei social network della politica e via dicendo che decidono sulle teste di tutti e delle vite di tutti. Un mondo dove se non si ha un cognome non hai neanche un nome perché senza non sei nessuno. Questa epoca misera dovrebbe spingerci a lottare per ricostruirci a ristabilire il senso dell’uomo nel mondo ad essere uomini migliori, a rivoltarci, ma non è così, si sceglie la via più facile quella di diventare complici di un sistema infetto… perché? Perché rimaniamo in silenzio ci lamentiamo al bar senza agire senza fare… perché tanti troppi sono impauriti e si sentono soli e quando qualcuno alza la voce rischia di essere rinchiuso internato preso per pazzo. Il Sistema è diventato una centrifuga che sembra triturare le menti migliori le persone che hanno senno dalla macchina governata dagli imbecilli.  Bisognerebbe scappare in un’altra terra, fare come il mio Diogene, esplorare altri mondi anziché farteli raccontare da chi ha avuto più audacia di andare “dove la gente ti ferma ancora per strada” come ho scritto là dove la gente non ha paura di ospitarti in casa… ho scritto della Spianata che vigono delle regole e se non vengono rispettate si viene rispediti sulla terra… È possibile che vi sia sempre qualcuno pronto a minacciare l’uomo, a succhiargli il sangue e a ricattarlo!? Anche il protagonista è una pedina, un ostaggio, un oggetto che si rende conto e produce delle digressioni si interroga in prima persona consapevole su quale sia il suo scopo nella vita e sulla persona che vorrebbe essere… sulla disuguaglianza tra gli individui che si scannano tra loro per un osso e sul controllo dei poteri forti sugli schiavi… il monopolio della televisione, l’ipocrisia dei politici, la corruzione dei giudici e molto altro sono gli ingredienti di un mondo amaro ed indigeribile. Il protagonista è un uomo nostalgico, malinconico, cinico, ironico, acuto, pure sarcastico e a volte pure divertente nel suo disincanto perché non è ancora arrivato alla disperazione più cupa, si lamenta per sfogare le proprie frustrazioni ma lotta e ha ancora la speranza che qualcosa possa stravolgere la sua vita. Ma la fortuna richiede disciplina e spesso paghiamo i conti della nostra incostanza e pigrizia. Se qualcuno cerca in questo testo il romanticismo la seduzione o quant’altro ha sbagliato libro. Questo testo ha la presunzione di lavorare sulla carne viva delle questioni, sulla deriva degli esseri umani che hanno paura della libertà e non sanno che farsene quindi preferiscono essere bastonati sfruttati e servire nel senso più ampio del termine un “tiranno” di qualsiasi genere e natura. Potrebbe trattarsi per esempio quello di servire i 7 vizi capitali, nell’essere schiavi dei noti pilastri: soldi-sesso-potere o magari chiedersi come mai un “ometto” insignificante senza grandi qualità abbia potuto rendere per qualche decennio servi volontari milioni di persone ansiose e contente di sgomitare per servirlo. Non si riuscirà mai ad arrivare ad un finale di queste faccende, nemmeno risolverle, ci saranno sempre i servi volontari della droga, della prostituzione, del potere delle dittature e tutto quanto.

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Io sono un uomo libero, quali che siano le regole che mi circondano. Se le trovo tollerabili, le tollero; se le trovo fastidiose, le rompo. Sono libero perché so che io solo sono responsabile di tutto ciò che faccio. (Robert A. Heinlein)

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